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"La Rivoluzione dell'informazione" (2012) e "La quarta rivoluzione. Come l'Infosfera sta trasformando il mondo" (2017) del prof. Luciano Floridi sono  i testi scelti come punto di partenza per la riflessione  filosofica. Joel, Ludovico, Marta e Sofia del 5Als 2017-18 hanno approfondito e presentato alla classe il suo pensiero che mette in evidenze le trasformazioni profonde ed inevitabili oramai in essere, come la conseguenza anche essa inevitabile di  "unione" tra "Tecné" e "Physis".

Secondo Floridi la responsabilità dei cambiamenti rivoluzionari che stiamo vivendo non va data ad un prodotto tecnologico specifico, come ad esempio il computer o internet. Il vero protagonista è l’informazione, che da sempre occupa una posizione fondamentale nell’esperienza umana e grazie alle nuove tecnologie ha un ruolo sempre più importante. L’informazione e la storia umana sono intrecciate fin dall’origine: il passaggio da preistoria a storia avviene con l’invenzione della scrittura, uno strumento di registrazione dell’informazione. Da allora l’umanità ha prodotto strumenti di comunicazione come la stampa. 

Scarica la presentazione.

Da poco tempo, con la nascita del computer e dell’informatica in generale, abbiamo tecnologie in grado di riprodurre e manipolare informazioni. Le tecnologie dell’informazione (Information and Communication Technologies: ICT) hanno col tempo assunto un’importanza crescente. A livello macro, la nostra società dipende fortemente da beni e servizi intangibili basati sull’informazione (basti pensare ad esempio a finanza, istruzione, sanità, ecc.). Nella vita del singolo l’interazione con informazioni e tecnologie che se ne occupano è un’esperienza quotidiana (basti pensare a feed RSS, blog, notifiche, messaggistica, ecc.). Secondo Floridi, però, limitarsi a questi dati sull’impatto delle ICT è riduttivo. Perché in realtà qui è in atto la quarta rivoluzione scientifica: dopo quelle copernicana, darwiniana e psicanalitica, la rivoluzione

dell’informazione. Caratteristica peculiare delle tre rivoluzioni classiche, secondo Floridi, è il fatto che siano state in grado di provocare un profondo cambiamento del pensiero umano su di sé e sul mondo. La rivoluzione dell’informazione è la quarta rivoluzione scientifica proprioperché rispetta questa caratteristica. Non siamo entità isolate ma organismi informazionali – inforg – interconnessi con altri agenti, biologici e artificiali.

Floridi ed il tempo.png

L’emergere della società dell’informazione 

La storia ha molte cronologie: alcune sono naturali e circolari, altre sono sociali o politiche e lineari e altre ancora sono legate alla religione. Ciò che queste e molte altre cronologie hanno in comune è di essere storiche: senza tali sistemi non vi sarebbe storia, cosicché storia è in realtà sinonimo di età dell’informazione. Di conseguenza si potrebbe ragionevolmente sostenere che l’umanità abbia vissuto in differenti tipi di società dell’informazione almeno fin dall’età del bronzo. E' possibile considerare, ad esempio, come un unico lunghissimo processo la capacità umana di trasmettere informazioni: dall'oralità alla scrittura... fino alla sua digitalizzazione.

Tuttavia non è a questo che, di solito, ci si riferisce con l’espressione rivoluzione dell’informazione: s'intende infatti un’epoca molto recente, epoca tra l'altro di benessere e progresso umano. Il ciclo di vita dell’informazione include, di norma, le seguenti fasi: occorrenza (scoperta, design, ecc), trasmissione (condivisione in rete, distribuzione, ecc.), processo e gestione (organizzazione, immagazzinamento ecc.) e uso (monitoraggio, analisi, spiegazione, ecc). Grazie a tale evoluzione, oggi, le società più avanzate dipendono fortemente da beni intangibili basati sull’informazione, da servizi a uso intensivo di informazione e da settori pubblici orientati all’informazione (es: sanità). 

 

L’era dello zettabyte

Nel 2003 i ricercatori della School of Information Management and Systems di Berkeley hanno stimato che l’umanità abbia accumulato approssimativamente 12 esabyte di dati nel corso della sua storia fino alla commercializzazione dei computer. Sarebbe come dire che ogni neonato viene al mondo con un equivalente di 800 mb. Il 92 per cento di questi dati sono stati immagazzinati realizzando in tal modo una “democratizzazione” dell’informazione. Tutti i precedenti numeri continueranno in futuro a crescere progressivamente, anche perché i computer sono tra le più ampie fonti di produzione di altri esabyte. Grazie a loro ci stiamo rapidamente avvicinando all’“età dello zettabyte” (1000 esabyte). Da un lato le ICT hanno creato concrete e significative opportunità di enormi benefici per l’istruzione, il benessere, così come grandi vantaggi economici e scientifici. Dall’altro lato le ict portano con sé anche rischi significativi e generano dilemmi relative alla natura della realtà e della sua conoscenza, allo sviluppo di scienze a uso intensivo di informazione, alle responsabilità.  Da ciò deriva l’esigenza, oggi, che ogni avanzata società dell’informazione affronti il compito urgente di dotarsi di una valida filosofia dell’informazione.  Come è stato ben documentato le ICT hanno reso la creazione, gestione e uso delle informazioni non solo per la nostra comprensione del mondo e delle interazioni con esso, ma anche per la comprensione di noi stessi e della nostra identità. In altre parole, l’informatica e le ict hanno dato luogo a una quarta rivoluzione.  

 

La quarta rivoluzione: la Rivoluzione dell'informazione

La scienza ha due modi di modificare la nostra comprensione: uno può definirsi estroverso, o riguardante il mondo, e l’altro introverso, o riguardante noi stessi. Tre rivoluzioni scientifiche hanno avuto un forte effetto da entrambi i punti di vista: nel modificare la nostra comprensione del mondo esterno, hanno mutato anche la concezione di chi siamo. Dopo Niccolò Copernico la cosmologia eliocentrica ha rimosso la Terra e quindi l’umanità dal centro dell’universo. Charles Darwin ha mostrato che ogni forma di vita si è evoluta nel tempo da progenitori comuni per mezzo della selezione naturale, rimuovendo in tal modo l’umanità dal centro del regno biologico. E, grazie a Sigmund Freud, riconosciamo oggi che la mente è anche inconscia e soggetta al meccanismo di difesa della repressione. Si potrebbe facilmente mettere in dubbio il valore di questa raffigurazione classica.

A partire dagli anni cinquanta l’informatica e le ict hanno esercitato un’influenza sia estroversa sia introversa, modificando non solo la nostra interazione con il mondo ma anche la comprensione di noi stessi. Sotto molti profili non siamo entità isolate quanto piuttosto organismi informazionali interconnessi, o inforg, che condividono un ambiente globale costituito i dalle informazioni. Quest’ultima è l’ambiente informazionale costituito da tutti i processi, servizi ed entità informazionali che includono gli agenti informazionali. Essere delle specie di cyborg non è ciò che le persone sceglieranno per sé, ma ciò che tenteranno di evitare. L’idea di inforg non è neppure un passo verso un’umanità geneticamente modificata, responsabile del proprio dna informazionale e quindi delle sue future incarnazioni. Tale scenario potrà profilarsi un giorno, ma è tuttora troppo lontano. Piuttosto, la quarta rivoluzione sta portando alla luce la natura intrinsecamente informazionale degli agenti umani.

Stiamo assistendo, dunque, a una migrazione epocale e senza precedenti dell’umanità dal suo habitat consueto all’infosfera stessa. Il risultato è che gli esseri umani saranno inforg tra altri inforg e agenti (potenzialmente artificiali) che operano in un ambiente amichevole nei confronti delle creature informazionali. Stiamo dunque sperimentando una quarta rivoluzione, che si manifesta nel processo di dislocazione e ridefinizione dell’essenza della nostra natura e del ruolo che rivestiamo nell’universo. Le ICT stanno creando un nuovo ambiente informazionale nel quale le generazioni future trascorreranno la maggior parte del proprio tempo. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dati binari

I dati digitali sono anche definiti “dati binari” perché sono codificati tramite combinazioni di due simboli chiamati “bit”, che formano stringhe di 0 e 1 paragonabili ai punti e alle linee del codice Morse. Un bit è l'unità minima di informazione, la presenza o l'assenza di un segnale 0 O 1. Una serie di 8 bit forma un byte e tramite la combinazione di byte è possibile formare una tavola di 256 caratteri. Il codice binario che viene usato maggiormente è noto come ASCII, che si basa soltanto su 7 degli 8 bit e dà luogo a una tavola di 128 caratteri. Il sistema binario di codificazione dei dati possiede almeno tre vantaggi. In primo luogo i bit sono rappresentati in termini semantici, logico-matematici e fisici: ciò costituisce il terreno su cui possono convergere semantica, logica matematica, fisica e ingegneria dei circuiti e teoria dell'informazione. Il secondo vantaggio sta nel fatto che diviene possibile costruire macchine che riconoscono bit dal punto di vista fisico, operano sulla base di tale riconoscimento e di conseguenza manipolano dati con modalità dotate di significato. Se un computer percepisce qualcosa è la differenza tra il basso o alto.

 

La vita nell'infosfera

Tuttavia il senso d’identità personale inizia ad essere eroso. E' per questo che ci personalizziamo e ci riappropriamo di noi stessi nell'infosfera, utilizzando i blog, Facebook, le homepage o i video su Youtube. In tal senso non vi è contraddizione tra una società così attenta al diritto della privacy e il successo di piattaforme come Facebook. Usiamo ed esibiamo le informazioni che ci riguardano per diventare meno anonimi  dal punto di vista informazionale.  La soglia tra il qui e il là diviene rapidamente impercettibile: il digitale si sta confondendo con l'analogico. Questo fenomeno recente è definito in termini di ubiquità computazionale, ambiente intelligente o internet delle cose. Un buon esempio è fornito dai tag RFID, la cui produzione mondiale è aumentata più di 25 volte tra il 2005 e il 2010 e raggiungerà il numero di 33 miliardi: ci rendiamo conto immediatamente che l'infosfera non è più là ma qui ed è qui per restarci. Nella società avanzate dell'informazione, ciò che oggi sperimentiamo come mondo offline è destinato a diventare totalmente interattivo. Diventerà normale considerare il mondo come parte dell'infosfera, non tanto nel senso distopico espresso da uno scenario come quello di Matrix, ma nel senso evolutivo rappresentato da un ambiente quale la metropoli postcibernetica di Ghost in the Shell.

 

Il linguaggio dell'informazione

L'informazione è un labirinto concettuale. Ci avvarremo di alcuni esempi per illustrare i passaggi meno induttivi. Ecco un esempio:

“Giovanni sale in auto e gira la chiave e nell'accensione non accede nulla. Il silenzio del motore lo preoccupa. Guardando con maggiore attenzione vede accesa la spia che indica che la batteria è scarica. Dopo qualche tentativo senza successo chiama in un officina. L'elettrauto dice a Giovanni che dovrebbe consultare il libretto delle istruzioni dell'auto, che spiega come usare i cavi per riavviare il motore. Giovanni legge il manuale, guarda le istruzioni, risolve il problema e alla fine si reca in ufficio. “

Questo normalissimo episodio sarà il nostro banco di prova, poiché offre sufficienti dettagli per illustrare i molti modi in cui comprendiamo l'informazione.

 

La definizione di informazione basata sui dati

Negli ultimi decenni è diventato comune adottare la definizione generale di informazione (DGI) in termini di dati + significato.  La DGI è formulata per mezzo di una definizione tripartita:

 

DGI: Ϭ è un'istanza di informazione, compresa come contenuto semantico, se e solo se:

DGI.1: Ϭ consiste in n dati, per cui n≥I ;

DGI.2: i dati sono ben formati;

DGI.3: i dati ben formati sono dotati di significato.

 

Sulla base della DGI.1l'informazione è costituita di dati. Per la DGI.2 ben formati significa che i dati sono correttamente messi insieme, in base a regole (sintassi). Sintassi è da intendersi in termini più ampi e non interamente linguistici. Nel nostro esempio il libretto d'istruzioni dell'auto può fornire una raffigurazione a due dimensioni di come ravviarla. Questa sintassi figurale rende l'illustrazione potenzialmente dotata di significato. Per quanto riguarda la DGI.3 è il punto in cui appare la semantica. Dotato di significato vuol dire che i dati devono rispettare i significati (semantica). Ancora una volta, l'informazione semantica non è necessariamente linguistica. Ad esempio, nel caso del manuale dell'auto, le istruzione hanno un significati visivo per Giovanni.

Il modo in cui dati giungono ad avere un significato e e funzionano all'interno di un sistema di segni (semiotico) è una delle questioni più complesse definita come problema del fondamento simbolico.

 

 

 

Comprendere i dati

 

Un buon modo per svelare la natura dei dati è tentare di comprendere cosa significhi perderli, danneggiarli o cancellarli:

 

Pensiamo alla pagina di un libro scritto in un linguaggio a noi sconosciuto. Abbiamo tutti i dati ma non disponiamo di alcuna informazione. Se eliminiamo ogni dato fino ad avere un unico pittogramma, saremmo tentati di dire che i dati corrispondono a una sorta di rappresentazione. 

Cancelliamo ora anche l’ultimo pittogramma. Rimarremo con una pagina bianca e tuttavia non siamo ancora privi di dati, perché la sua presenza è un dato.

Possiamo anche stabilire un parallelo tra quando detto e il fenomeno del “silenzio assoluto”: il silenzio può essere un dato tanto quanto la presenza di rumore. (Ricordiamo l’esempio di Giovanni riguardo al fatto che fosse preoccupato di non udire alcun rumore proveniente dall’auto).

 

La definizione generale di dato è la seguente:

 

“Dd) = x è distinto da y, dove x e y sono due variabili non interpretate e la relazione è “è distinto”, così come il suo dominio, sono apete a ulteriormente interpretazione.”

 

La definizione di dato può trovare applicazione in tre modi diversi:

 

  1. I dati possono essere mancanze di uniformità nel mondo reale. Sono indicati col termine denomena e si tratta di dati puri, cioè prima di essere interpretati. Questi dati non sono sperimentati direttamente, ma la loro presenza è indotta empiricamente dall’esperienza, dal momento che sono ciò che vi deve essere nel mondo, affinché la nostra informazione possa sussistere. 

  2. I dati possono essere mancanze di uniformità tra almeno due stati fisici di un sistema.

(segnali) Esempio uguale carica più bassa o alta di una batteria.

 

  1. I dati possono essere mancanze di uniformità tra due simboli

 

Dati analogici vs. dati digitali

 

I dati o le stesse informazioni possono essere stampati su carta o visualizzabili su schermo, espressi in simboli o in fotografie, in analogico o in digitale.

I dati analogici e i sistemi che le codificano, immagazzinano, processano, mutano in modo continuo. Ad esempio i dischi in vinile sono analogici perché codificano le informazioni invece di registrarle semplicemente. I dati digitali e i relativi sistemi mutano in modo discreto tra stati differenti come on/off o alto/basso voltaggio ad esempio i CD son digitali.

 

 

 

Dati Binari

 

I dati digitali sono anche definiti dati binari perché sono codificati tramite combinazioni di soli due simboli, chiamati bit, che formano stringhe di 0 e 1 paragonabili ai punti e alle linee del codice Morse. Un bit è l'unità minima di informazione. Il sistema binario di codificazione dei dati possiede almeno tre vantaggi:

 

1) i bit sono rappresentati in termini semantici, logico-matematici e fisici. Ciò costituisce il terreno su cui posso convergere semantica, logica matematica, fisica e ingegneria dei circuiti e teoria dell'informazione.

 

2) Diviene possibile costruire macchine che riconoscono bit dal punto di vista fisico, operano sulla base di tale riconoscimento e manipolano dati con modalità dotate di significato.

 

3) Dal momento che i dati digitali hanno di regola due soli stati, tale variazione discreta comporta che un computer difficilmente possa confondersi a riguardo di ciò che deve essere processato a differenza di una macchina analogica che può non di rado funzionare in modo insoddisfacente e impreciso. Una macchina digitale può riconoscere se tali dati sono incompleti e quindi ricostruire i dati che sono andati persi. 

 

 

 

TIPOLOGIE DI DATI/INFORMAZIONI 

 

L'informazione può consentire differenti tipologie di dati, vi sono cinque classificazioni e gli stessi dati possono essere inclusi entro classificazioni diverse. Tali classificazioni sono:

 

1) Dati primari: sono i principali dati immagazzinati in un database (es: semplice insieme di numeri in un foglio Excel). Si tratta dei primi dati che un sistema di gestione dell'informazione matte a disposizione dell'utente, sotto forma di informazione. 

Es: la luce rossa lampeggiante che segnala il basso livello della batteria è considerata una richiesta di dato primario che veicola un'informazione primaria.

 

2) Dati secondari: sono il contrario dei dati primari e sono costituiti dalla loro assenza. 

Es: Giovanni aveva all'inizio sospettato che la batteria fosse scarica e quindi il motore non produceva nessun rumore, offrendo così un'informazione secondaria relativa al livello basso della batteria.

 

3) Metadati: sono indicazioni che riguardano la natura di altri dati, di cui descrivono determinate proprietà (collocazione, formato, grado di aggiornamento, disponibilità). La metainformazione è l'informazione che riguarda la natura dell'informazione.

Es: indicazione del copyright sul manuale dell'auto.

 

4) Dati operati: essi riguardano le operazioni del sistema di dati e il suo funzionamento. Le informazioni operative riguardano la dinamica del sistema informativo.

Es: un'auto che è dotata di una luce gialla che indica, quando lampeggia, che il sistema di controllo del veicolo non funziona bene. Il fatto che la luce gialla sia accesa può indicare che il segnale del basso livello della batteria (luce rossa lampeggiante) non funzioni bene, mettendo in dubbio l'ipotesi che la batteria sia scarica.

 

5) Dati derivati: sono dati che possono essere estratti da altri dati, dove questi ultimi sono usati come fonte indiretta nella ricerca di profili, indizi o prove deduttive di aspetti differenti da quelli indicati dai dati stessi, come nel caso di analisi comparative e quantitative. 

Es: le carte di credito lasciano traccia di informazioni derivate e dalla voce del conto della carta di credito di Giovannni riguardant el'acquisto di benzinna in una data stazione di servizio è possibile ottenere informazioni derivate sui suoi spostamenti a una determinata ora. 

 

 

INFORMAZIONE AMBIENTALE

 

Si parla di informazione ambientale quando si intende sottolineare la possibilità che i dati siano dotati di significato indipendentemente da un soggetto intelligente che produce o trasmette informazioni, ad esempio i cerchi concentrici visibili nel legno della sezione di un tronco d'albero che possono servire per misurare l'età. 

Nel nostro solito esempio Giovanni gira la chiave nell'accensione la luce rossa dell'indicatore del livello basso della batteria si accende: tale segnale può essere interpretato come un'istanza di informazione ambientale e lo spettatore fa riferimento a quest'ultima invece di avere diretto accesso ai dati originali .

L'informazione ambientale richiede l'esistenza di due sistemi, a e b, collegati in modo tale che il fatto che a abbia una determinata caratteristica F sia messa in relazione al fatto che b possegga una determinata caratteristica G, affinché la connessione tra le due carateristiche suggerisca all'osservatore che b è G. 

 

 

Informazione ambientale= due sistemi a e b sono associati in modo tale che l'essere di a F è correlato all'essere di b G, cosicché l'osservatore di a riceve l'informazione che b è G. 

 

L’etica dell’informazione 

E’ abbastanza facile notare il fatto che le tecnologie informatiche sono uno strumento potente di condizionamento degli stili di esistenza del soggetto morale (nell’informatiche se è chiamato Agente morale). Naturalmente le scelte morali dell’agente sono rapportate alle informazioni di cui è in possesso, alla loro qualità ed alla loro completezza. Sulla base di queste risorse informative, egli può generare altri prodotti informativi ed in tal modo raggiungere l’obiettivo informativo di condizionare il proprio ambiente intenzionale. Il fondamento concettuale di tale attività sta nell’approccio ambientalista all’etica del computer, la quale , pertanto, può considerare l’informazione sia come risorsa, sia come prodotto, sia come obiettivo. 

 L’etica dell’informazione come risorsa.

Consideriamo in primo luogo il ruolo fondamentale che l’informazione come risorsa gioca per le valutazioni e le azioni morali dell’ Agente. Tali valutazioni ed azioni hanno una componente epistemica, dal momento che è lecito attendersi che l’Agente proceda in base alle “migliori” informazioni, al fine di raggiungere le migliori conclusioni al riguardo di quanto deve in determinate circostanze. Già Socrate sosteneva che l’Agente morale fosse naturalmente interessato a ottenere tante informazioni rilevanti quante ne richiedono le circostanze, di modo che l'agente bene informato ha maggiori probabilità di fare la cosa giusta. L’”intellettualismo etico” che ne deriva concepisce il male ed i comportamenti moralmente sbagliati come l’esito della mancanza di informazioni. Al contrario, la responsabilità morale tende ad essere direttamente proporzionale al livello di informazione dell’Agente: ogni diminuzione di tale livello corrisponde, di regola, ad una delimitazione della prima. In questo senso è possibile dire che l'informazione opera alla stregua di una prova in un processo. È anche il senso in cui si parla di decisione informata, consenso informato, partecipazione informata di A. Nell’etica cristiana, ad esempio, persino il più grave dei peccati può essere perdonato se il peccatore non era in possesso di sufficienti informazioni, dal momento che è possibile fornire una valutazione controfattuale: se l’Agente fosse stato adeguatamente informato avrebbe agito diversamente e dunque non avrebbe peccato. Se la presenza (quantitativa e qualitativa) o l'assenza (totale) di informazione come risorsa è in questione, è perfettamente ragionevole che l’etica dell’informazione possa concepirsi come lo studio delle questioni morali che emergono sulla base di una triplice condizione: disponibilità, accessibilità e accuratezza delle risorse informazionali, indipendentemente dal loro formato, genere e supporto fisico. Esempi di temi propri dell'etica dell'informazione come risorsa sono il cosiddetto digital divide (divario digitale), il problema dell’eccesso di informazioni e l'analisi dell'affidabilità e attendibilità delle fonti informative. 

 L’etica dell’informazione come prodotto.

 

L’informazione gioca un ruolo significativo, in un senso ulteriore ma strettamente connesso, in quanto prodotto delle valutazioni e delle azioni morali dell’Agente. Questi non è soltanto consumatore di informazioni, ma ne è anche produttore e, come tale, può essere soggetto a restrizioni, così come può trarre vantaggio dalle opportunità . Sia le prime che le seconde richiedono un’analisi etica. Perciò l'etica dell'informazione come prodotto può trattare questioni morali che sorgono, ad esempio, nel contesto della responsabilità, dell’imputabilità, della legislazione dei marchi, della testimonianza, del plagio, della pubblicità, della propaganda, della disinformazione e, più in generale, delle regole pragmatiche della comunicazione. La disamina della immoralità del mentire di lmmanuel Kant è uno dei più celebri casi di studio nella letteratura filosofica che concerne tale genere di etica dell’informazione. 

L’etica dell’informazione come obiettivo.

 

Indipendentemente dall’input (risorse informazionali) e dall’output (prodotti informazionali) informativi di A, vi è una terza accezione in cui l’informazione può essere materia di analisi etica, laddove le valutazioni e le azioni morali dell’Agente influenzano l’ambiente informazionale. Esempi in tal senso sono offerti dal rispetto o dalla violazione da parte dell’Agente della privacy o della confidenzialità informativa di un soggetto. L’hackeraggio, inteso come accesso non autorizzato a un sistema informativo (di regola computerizzato), è un altro buon esempio. Purtroppo non è inusuale confonderlo erroneamente con un problema da trattare entro il quadro concettuale di un’etica delle risorse informazionali. Questa inesatta classificazione consente all’hacker di difendere la propria posizione sostenendo di non aver fatto alcun uso (lasciando da parte l'abuso) dell’informazione alla quale ha avuto accesso. Al contrario, se concepito correttamente, l’hackeraggio configura una forma di violazione della privacy. In gioco non vi è dunque ciò che l’Agente faccia con l’informazione, cui ha avuto accesso senza autorizzazione, ma che cosa comporti per l’ambiente informazionale l'accesso non autorizzato dell’Agente. Per questo motivo l’analisi dell’attività di hackeraggio è parte dell’etica dell'informazione come obiettivo. È possibile annoverare tra le problematiche di questo genere la sicurezza, il vandalismo (che va dal bruciare biblioteche e libri alla disseminazione di virus), la privacy, la proprietà intellettuale, l’open source (software gratuito), la libertà di espressione, la censura, la creazione di filtri ed il controllo dei contenuti. Da un punto di vista critico, questi tre aspetti dell’etica dell’informazione, che usano un approccio definibile come microetico risulta inadeguato per due motivi: sia perché troppo semplicistico, sia perché non sufficientemente inclusivo: ad esempio, sfugge ad essa sia il problema del controllo e del monitoraggio di tutte le informazioni che possono riguardare l’Agente, sia del loro uso legittimo, che riguarda sia gli utenti che i produttori, in quanto essa configura il loro ambiente informazionale.

L’etica dell’informazione come macroetica

Per introdurre l’etica dell’informazione bisogna metterla a confronto con l’etica dell’ambiente.

L’etica dell’ambiente è biocentrica e tenta di sviluppare un approccio orientato al “paziente”, in cui il “paziente” non è necessariamente un essere umano, ma qualsiasi altra forma di vita. Qualunque forma di vita è degna di godere di alcune proprietà essenziali o interessi morali che meritano ed esigono di essere rispettati.

Se sostituiamo “vita” con “esistenza” risulta chiaro in cosa consiste l’etica dell’informazione. Si tratta di un’etica ecologica anch’essa orientata al paziente ma nella quale l’ontocentrismo prende il posto del biocentrismo. L’etica dell’informazione suggerisce l’idea che vi sia qualcosa di persino più elementare della vita, cioè l’essere, vale a dire l’esistenza e il fiorire di tutti gli enti e del loro ambiente globale.

L’etica dell’informazione è imparziale e universale poiché estende, fino al suo limite ultimo, il concetto di ciò che può qualificarsi come centro di interesse morale; quindi l’etica dell’informazione ritiene che ogni ente, in quanto espressione dell’essere, abbia una propria dignità, costituita dal suo modo di esistenza ed essenza (l’insieme di tutte le proprietà elementari che lo costituiscono in ciò che è). Questo “principio di uguaglianza ontologica” implica che ogni forma di realtà, semplicemente per il fatto di essere ciò che è, gode di pari diritti.

Questo principio risulta applicato ogni volta che le azioni sono imparziali e universali. Alle fondamenta di tale approccio c’è il concetto di “trust omtico” che vincola agenti e pazienti. Per capire il concetto di “trust ontico” bisogna far riferimento al concetto di contratto sociale. Molte forme di contrattualismo sostengono che l’obbligo morale trovi fondamento in un cosiddetto “contratto sociale”. Questo può essere inteso come un accordo ipotetico tra le parti che costituiscono una società, ad esempio il popolo e il sovrano.

Nell’ordinamento inglese un trust è un istituto giuridico in base al quale un soggetto (il trustee ossia il fiduciario) detiene e amministra i beni che appartenevano a una persona (il trustor ossia il fiduciante o donatore) a vantaggio di determinate persone o enti (i beneficiari). Nessuno di questi ha la titolarità dei beni dal momento che il trustor li ha donati, il trustee ne ha solo la proprietà legale e i beneficiari la proprietà equitativa. La forma logica di questo tipo di accordo può essere quindi usata come modello del trust ontico nei seguenti termini:

  1. i beni o il “corpus” sono rappresentati dal mondo che include tutti gli agenti e i pazienti esistenti; 

  2. i donatori sono rappresentati da tutte le generazione presenti e passate di agenti;

  3. i fiduciari sono rappresentati da tutti gli agenti individuali presenti;

  4. i beneficiari sono rappresentati da tutti gli agenti e pazienti individuali presenti e futuri.

 

Esistendo, un agente è reso possibile grazie all’esistenza di altri enti. È pertanto legato a tutto ciò che già esiste sia involontariamente che inevitabilmente. Involontariamente perchè nessun agente ha voluto la propria esistenza, e inevitabilmente perché il legame ontico può essere sciolto dall’agente soltanto a costo di cessare di esistere come agente. La vita morale non inizia con un atto di libertà ma può finire con esso.

L’esistenza inizia con un dono anche se non richiesto. Un feto all’inizio sarà soltanto un beneficiario del mondo. Una volta nato e diventato un vero e proprio agente morale sarà, in quanto individuo, sia un beneficiario che un fiduciario del mondo. Una volta defunto lascerà il mondo ad altri agenti dopo di sé e diventerà così membro della generazione dei donatori.

Secondo la bioetica e l’etica ambientale solo chi è intuitivamente dotato di vita merita di essere considerato come centro di pretese morali. L’etica dell’informazione invece ha spostato ulteriormente verso il basso la condizione minima a cui si deve attingere per qualificare qualcosa come centro di interesse morale. Questa condizione minima è un fattore comune a ogni ente: lo statuto informazionale. Ma, dal momento che ogni forma di essere è anche un corpo coerente di informazioni, dire che l’etica dell’informazione è infocentrica equivale a interpretarla come teoria ontocentrica.

Da ciò deriva che tutti gli enti in quanto oggetti informazionali hanno un intrinseco valore morale. Come ha sostenuto Arne Naess: “tutti gli enti nella biosfera hanno un pari diritto a vivere e a fiorire”.

 

Il matrimonio tra physis e techné 

Physis = natura e realtà 

Techné = scienza pratica e le sue applicazioni

Senza dubbio un matrimonio felice tra physis e techné è di vitale importanza per il nostro futuro quindi merita il nostro impegno costante. Le società dell’informazione dipendono sempre di più dalla tecnologia per prosperare ma hanno bisogno al contempo di un ambiente salutare e naturale per crescere in modo armonioso. Fortunatamente un matrimonio felice tra le due è possibile, ma richiede un lungo percorso. La fisica dell’informazione può comportare un forte consumo di energia e avere dunque un impatto negativo sull’ambiente nel; 2000 i centri di raccolta dati hanno consumato lo 0,6 % dell’elettricità mondiale e nel 2005 hanno raggiunto l’ 1 %; inoltre sono responsabili di emissioni di diossido di carbonio, ma in base a studi recenti le ICT contribuiranno a eliminare circa 8 gigatonnellate di emissioni di gas a effetto serra all’anno entro il 2020.

Questo bilancio positivo, possibile ma non ancora provato, può portarci a un’ultima considerazione: lo spreco di energia può essere ridotto e il consumo efficiente di energia accresciuto, ma questo soltanto grazie a un miglioramento nella gestione delle informazioni. Quindi reinterpretando l’intellettualismo etico di Socrate, facciamo il male perché non disponiamo di migliori informazioni, nel senso che quanto migliore è la gestione delle informazioni, tanto minore è il male contratto.

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