top of page

Per quanto riguarda i Mulini dell'Eugubino i ragazzi divisi in gruppi si sono interessati di quelli della zona del Bottaccione, il Mulino dei sette camini, di S'Anna e del "Bottaccione"; all'interno delle mura della città di quello di S. Giovanni; nella zona tra la Valle di Gubbio e la dorsale sub-appenninica che la divide da quella del Tevere del Mulino di Galgata. Infine alcune notizie su uno dei pochi mulini ancora esistenti di Branca che non era compreso nel libro "L'Umbria dei Mulini ad acqua" a cura di Alberto Melelli e Fabio Fatichenti.

​

Ecco cosa ci dicono e come lo hanno rappresentato in una infografica, interattiva sulle icone dei mulini, Alessandro , Francesco e Tommaso: https://www.easel.ly/browserEasel/6845541

​

​

​

"La Gola del Bottaccione è attraversata dal corso del torrente Camignano, principalmente alimentato dalle acque piovane che scendono dai monti adiacenti e sbarrato in un invaso costruito dai nostri antenati nel XIV secolo: l'invaso, tecnicamente chiamato accolta, è un bacino di raccolta delle acque necessario per

rimediare alla scarsa portata dei torrenti; tra le varianti è presente il bottaccio, divenuto famoso proprio dalla Gola del Bottaccione, che ha inoltre reso famosa l'espressione “macinare a bottaccio”.

Questo corso d'acqua ha permesso il funzionamento di 3 antichi mulini posizionati nella Gola, in particolare con un ritmo di lavorazione più o meno costante di 5 mesi all'anno. In seguito ai lavori nelle cave della Gola del 1904, che hanno contribuito all'innalzarsi del letto del torrente, nel 1926 venne redatto un documento dal titolo “Progetto per la costruzione urgente di briglie nel tratto del torrente Camignano

a monte della ferrovia Arezzo-Fossato”: le briglie edificate permisero la riduzione

del trasporto di materiale solido nel torrente.

Lungo Via Fosso (la strada che attraversa la Gola) degli ex opici il primo si trova attualmente sul lato destro della strada, mentre il secondo e il terzo sulla sinistra.

​

Descrizione dei Mulini:

​

Il primo edificio che incontriamo corrisponde al numero civico 25 ed è attualmente una residenza. In precedenza era conosciuto come Molino Sant'Anna data la vicinanza alla chiesa omonima oggi inesistente, ed era condotto da Cesare Barbini, detto del Castrico.

L'opificio è rimasto in funzione fino agli anni 60 del '900: abbiamo tuttavia la

testimonianza (relativamente recente) di Angelo Menichetti , genero di

Cesarino, che ricorda l'attività: Angelo racconta dei problemi nella gestione dell'opificio, in particolare ricorda che nella stagione invernale non c'erano problemi con l'acqua per l'alimentazione del mulino, mentre in estate la scarsità di piogge costringeva i mulinai a rifornirsi direttamente dal Bottaccione attraverso una saracinesca azionata da una leva a seconda delle necessità; quando l'acqua non era più necessaria si richiudeva la saracinesca con mazzi di legna.

Nel 1946 Cesarino chiese il placet per la trasformazione del proprio mulino da idraulico a cilindri, ottenne l'autorizzazione due anni dopo, nel 1948, ma inspiegabilmente il mulino continuò l'attività idraulica per i successivi 5 anni, fino alla cessazione dell'esercizio.

Il secondo edificio, sulla sinistra lungo la strada, era conosciuto come Molino Sette Camini ma compariva nei documenti ufficiali con il nome “Molino Costi”, dal proprietario (al 1811) Costi Ubaldo. L'attività era presidiata da un certo mugnaio

Baldaccio.

Ad oggi, l'edificio è stato convertito nell'agriturismo Sette Camini: in precedenza la struttura era stata destinata ad attività di laboratorio per via degli ampi spazi e delle buone condizioni della struttura, ma la sua destinazione venne cambiata grazie alla presenza di un elemento che lo ha reso unico in Umbria.

È infatti stata rinvenuta una vasca di carico interna: sulla parete dove termina il bottaccio esterno (parte del muro di contenimento del quale è ancora esistente) non si aprono subito le docce come negli altri opifici noti, ma piuttosto sono presenti i conci di un'ampia apertura di 2 metri dove l'acqua non poteva far altro che entrare copiosamente nell'edificio per riempire una stanza

dalla pianta quadrata di pietra lavorata. L'edificio è l'unico dei 3 con la macina

ancora presente, utilizzata dai gestori dell'attuale agriturismo come tavolino all'aria aperta.

Durante i lavori per le briglie nel 1926 il proprietario Stefano Battistelli ha chiesto la costruzione di un piano di calpestio di vetro tra il vano seminterrato e quello di macinazione al fine di poter ammirare la parte sottostante.

Nell 1944 Bianchi chiede il trasferimento del mulino all'interno della città e l'azionamento elettrico.

​

​

Francesco e Tommaso sono recati esca sul luogo a fare delle fotografie... ecco il loro racconto"Un lunedì pomeriggio, ci siamo recati nella "Gola Del Bottaccione" per fare qualche scatto di ciò che restava di questi tre antichi mulini..."

"Il primo mulino prende il nome di Sant'Anna per la vicinanza alla chiesa omonima, ormai inesistente.Del primo mulino, non ci sono molte testimonianze; nel corso degli anni è stato trasformato in una residenza, attualmente non abitabile, avente come numero civico il 25. L'unico indizio che ci fa risalire all'antico compito della struttura è la vicinanza al fiume Camignano.

      

Continuando lungo Via Fosso  detta "strada del Bottaccione" sulla sinistra incontriamo il secondo mulino chiamato mulino dei "sette camini".

Questo opificio è l'unico dei tre dove sono risalenti tutt'ora le macchine che usavano i vecchi mugnai. Per poter ammirare la bellezza di questi macchinari dal vano superiore il priopietario,Stefano Battistelli nel 1926 fece costruire un pavimento in vetro dal quale si poteva ammirare i prestigiosi attrezzi.Il mulino oggi è divenuto un'agriturismo. Qui sotto sono presenti alcune foto degli antichi macchinari prese dal sito online dell'agriturismo visto che dopo diversi contatti con l'attuale gestore Luca Tironzelli, non siamo riusciti ad incontrarci per avere ulteriori testimonianze. 

  

Proseguendo sempre sulla sinistra troviamo il terzo ed ultimo mulino, Mulino Del Bottaccione, divenuto un ristorante. Di quest'ultimo opificio non abbiamo notizie; l'attuale proprietario della struttura ci testimonia solamente il nome del precedente proprietario durante l'attivita del mulino,ovvero Fiordi Domenico.

​

Facendo varie ricerche siamo risaliti ad una testimonianza di Angelo Menichetti, cognato del proprietario del primo mulino, di quando era operativo,che racconta l'attività in estate e in inverno. Durante la stagione invernale la portata del fiume era sufficiente per l'alimentazione del mulino, mentre in estate a causa della scarsità delle piogge (che invece in inverno erano fiorenti) i mugnai si recavano alla "Gola Del Bottaccione" per rifornirsi attraverso una saracinesca azionata da una leva a seconda delle necessità;quando l'acqua non era più necessaria si richiudeva la saracinesca con mazzi di legna.

​

Questa esperienza è stata interessante sia dal punto di vista informativo che dal punto di vista di lavoro di gruppo, speriamo di fare altri progetti del genere perchè è sempre un piacere avere nuove notizie sulla storia della nostra città.

​

Tommaso, Francesco ed Alessandro"

Il Mulino di San Giovanni

(a cura di Alessia e Laura )

​

La piazza pensile di San Giovanni, che ospitò per molti anni il mulino, fu per secoli fulcro economico della città, con il suo “sito erboso e scosceso della Comunità”, dedito alla vendita del foraggio. Come rilevasi da Pergamena custodita nel nostro Archivio, il mulino fu donato alla Canonica dal patrono della città S.Ubaldo, in data Ottobre 1144. Per questo motivo esso veniva rinominato dagli Eugubini “Molino di S.Ubaldo”.

 

Del mulino (sesto dei nove in successione sul Torrente Camignano) abbiamo diverse notizie, soprattutto relativamente ai contratti di affitto che i canonici stipulavano di volta in volta con i diversi mugnai. Un documento del 1602 riguardante accordi tra il Capitolo e Ottavio Castellotti, rappresenta un accenno importante che segnala la piazza di San Giovanni come centro della crux basilicarum che sosteneva urbanisticamente la città, ma anche come cuore economico-artigianale della stessa.

​

Del 1615 è una causa tra la Comunità di Gubbio e i Canonici, che presenta i danni che la chiusa provocava. L'alzata infatti, per mandare l'acqua nella bocchetta, danneggiava i quartieri di San Martino e San Giuliano, chiudendo cloache, riempendo cantine e allagando chiese.

​

Del 1663 è la pianta di Ignazio Cassetta, il cui disegno fornisce la prima rappresentazione grafica sia del vascone di carico, sia del piccolo corpo di fabbrica ospitante l'opificio molitorio idraulico.  Il geometra bolognese G.M. Ghelli rappresenta, oltre all'edificio, il bottaccio con le sue otto canne romane e il canale di scolo.

​

Nell'attuale Piazza di San Giovanni, definita tale solo dal 1870, è presente una “sottile vasca d'acqua” (a memoria dell'originale canale che alimentava il mulino) progettata dalla compianta Gae Aulenti, architetto di fama internazionale che qui volle lasciare la sua firma in virtù di uno strettissimo legame con l'Umbria ed in particolare con Gubbio.

​

Qua una mappa concettuale che riassume la sua storia:

http://cmapspublic.ihmc.us/rid=1SKLGGKT0-203YQP0-2XD/Mulino%20san%20Giovanni%20-%20Rossi%20Salciarini.cmap

​

​

Il Mulino di Galgata

(a cura di Alessandro, Diego e Laura)


Il mulino di Galgata, situato nel Comune di Gubbio nei sub-appennini che dividono la valle di Gubbio da quella del Tevere nel perugino, non attraversa i maggiori corsi d'acqua del territorio eugubino (Chiascio, Assino, Saonda), ma è situato nei pressi del torrente Ventia, che ha avuto un ruolo importante  per lo sviluppo degli insediamenti nelle zone marginali. E' quindi in una posizione marginale per essere raggiunta da noi ragazzi, per questo ci siamo basati solo sulle fonti documentarie. Comunque il mulino di Galagata è stato un elemento fondamentale per la crescita delle varie microstrutture  economiche presenti fino agli 1960 in questi territori. Ad oggi il mulino è difficilmente visibile dalla strada, è pericolante date le sue pessime codizioni.

 

La struttura è raggiungibile in almeno tre modi: da Perugia svoltando a Belvedere o  dirigendosi alla volta di Santa Cristina, mentre vi si arriva da Gubbio passando per Mengara.

 

Tra i primi anni e la prima metà dell'ottocento, il mulino faceva parte dei beni dell'abbadia di Monte l'Abbate ed era disposto su tre piani, in cui al piano terra si trovava un'ulteriore ruota,la terza. Il mulino macinava grano, granoturco, ghiande e altri farinacei da bestiami.

 

Nel 1877 L'edificio venne acquistato da Filippo Betti, e resterà nelle mani della sua famiglia fino al 1961. La struttura era inoltre dotata di una diga di legno ma non poteva contare su una portata costante e la durata della attività lavorativa era sei mesi.

​

Il Mulino per le sue caratteristiche di posizione e di tipologia di forza motrice idraulica fu uno dei primi ad essere abbandonato con la fine del sistema mezzadrile.

​

​

visibile come infografica al link: https://www.easel.ly/browserEasel/7000089

Il Mulino di Branca: l'unico ancora in funzione
(a cura di Giada e Sara)


L'unico mulino che resiste al cambiamento avvenuto a metà del 1900 è l'unico probabilmente che riesce ad essere produttivo perché facilmente raggiungibile e in zona pianeggiante: il mulino di Branca. Non ci sono notizie peraltro notizie sul testo preso come base di lavoro.
La società Molino Artigiano di Branca viene fondata il 22 febbraio 1966 dalle famiglie Tomassoli e Anastasi che rilevano l'allora molino del paese in funzione sin dai primi anni del '900. 


Da qua si può visitare il sito dell'azienda:
http://www.molinoartigianobranca.it/Home/Servizi

bottom of page